Il filo infinito che unisce le donne nell’universo femminile. “Voci di Donne”, momento di condivisione e riflessione

di Lella Preziosi

Questa mattina al Teatro Comunale “Vittorio Emmanuele” di Benevento, si è tenuta la IX edizione di “Voci di Donne – il prezzo amaro di essere libere e geniali”, a cura di Carmen Castiello per la regia di Linda Ocone, con la partecipazione dell’orchestra del liceo musicale “G. Guacci”, diretta da Debora Capitanio.

Dopo il saluto di Carmen Coppola, assessora alle politiche sociali del Comune di Benevento, nel quale la docente ha voluto sottolineare ai giovani in sala l’importanza della condivisione e del rispetto, dove il volersi bene diventa occasione propizia per poter condividere il dolore e le difficoltà della vita, lo spettacolo ha avuto inizio nel silenzio e nell’attenzione dovuta da parte degli allievi presenti.

Sono cinque le donne scelte per questa commemorazione del femminile. Sono donne che imponendo il loro carattere hanno affrontato il giudizio di una società feroce, hanno sfidato il dolore trasformandosi in eroine.

Le loro storie si incrociano sul palco, prendono vita con le voci di Linda Ocone, Alda Parrella e Maurizio Tomaciello. La loro esistenza respira nel movimento delle danzatrici che, con professionalità e profondità, affrontano le dinamiche dell’espressività in un’armonia singolare e perpetua.

Le musiche sapientemente scelte da Debora Capitanio, maestro d’orchestra, affiancata da Luigi Abate, violino e Giancarlo Sabatini, percussioni, hanno reso la coreografia un unico corpo nella penombra dei versi incantati e nelle parole forti dei protagonisti.

Apre Alda Merini “Poesia, amore e follia: ombre di una mente visionaria”, rinchiusa dieci anni in manicomio, la sua esistenza diventa un labirinto, un buco nero dove non riesce più a ritrovare il filo della ragione. Eppure dalla sua mente unica, nascono parole meravigliose. La coreografia curata da Carmen Castiello è una danza tormentata fatta di ansie affannose, cadute ripetute e immensa solitudine. Imprigionate da camici sanitari le giovani ballerine sono unite nella trasparenza dell’anima corrotta da ossessivi abbandoni.

Si incrociano le storie sulle tavole del teatro e la performance propone Letizia Battaglia, giornalista, fotografa, politica, una vita contro la mafia, la corruzione. Lei scatta per combattere l’ingiustizia, per far vincere l’innocenza degli emarginati, dei deboli. Sola contro il mondo con la sua macchina fotografica, si erge a esprimere la verità nelle immagini affiancate da racconti di cronaca. Impegnata in prima linea a Palermo vive gli anni più duri di Falcone e Borsellino. Amava fotografare la gente comune facendosi partecipe del loro vivere.

È la vita che si spezzerà, invece, quella di Antonia Pozzi, raffinata e colta poetessa, fotografa, impegnata contro la retorica fascista, suicida a ventisei anni. È la giovane donna delicata e soave che non regge alle dinamiche del mondo, uccidendosi perché il suo cuore puro batte troppo forte innanzi alle barberie e sceglie di spezzarsi come una corda di violino che vibra troppo forte, lasciando un suono lungo e profondo nel finire il suo effetto acuto e armonico.

Al contrario non si ferma davanti a niente la bella Sibilla Aleramo, la scandalosa, desiderosa d’amore, abusata e poi obbligata a sposare il suo aguzzino dal quale avrà un bambino. Scrive il primo libro femminista, creando questo nuovo vocabolo facendone un diritto di una parte della popolazione, dove la donna è alla pari con l’uomo. Una vera progressista per il suo tempo, vive tra la fine del 1800 e gli inizi del ‘900, dove la donna comincia a percepire il bisogno di essere parte riconosciuta di una società retrograda e bisognosa di rinnovamento. Segue nelle sue opere come nella vita un susseguirsi di sovrapposizioni di intenti e impegni personali che la contraddistinguono: “io, poeta e donna, desidero di fare parte di questa grande comunità, che mi conferma la mia visione antica di un mondo in cui ogni persona viva e operosa sarà in grado di sentire l’esistenza e lo stesso lavoro sotto specie di poesia”, (Diario di una donna).

È un filo che unisce le donne di questo evento: “Ogni giorno cerco il filo della ragione, ma il filo non esiste, o mi ci sono ingrovigliata dentro” (Alda Merini).

La danza continua, infatti, in un incrocio di fili sottili che diventano capaci di sostenere il dolore e le paure delle donne spogliate dai loro tormenti finalmente libere di andare, per camminare verso il pubblico affascinato e donare una foto di cronaca di Letizia Battaglia.

Mentre il filo si dipana e porta dritto verso un’altra storia, accompagnato dalla bellissima voce di Selma Azzine, quella della donna nigeriana Esther Johnson, uccisa a 36 anni. Una donna infelice nel suo paese che parte per un mondo migliore e, una volta raggiunto, subirà dure conseguenze. Il dazio che i suoi carcerieri le impongono e troppo alto (65mila euro), impossibile da ripagare e, così, la sua vita diventa un carcere, fatto di abusi, violenze e in fine di morte.

Le danzatrici in un inno alla vita offrono al pubblico fiori di carta realizzati dalla cooperativa sociale NewHope di Caserta, il laboratorio di sartoria etnica, dove giovani donne migranti hanno scelto di riprendere in mano il filo della loro vita, sfilacciato dall’esperienza della tratta, tessendo nuove speranze.

“La vita è bella” per questo, perché può rinnovarsi ogni giorno scoprendo nuove possibilità. Solo attraverso la conoscenza del vissuto si può camminare verso un futuro migliore.

Applausi!

Soliste corpo di Ballo: Maria Chiara Tedesco, Ilaria Mandato, Sara Scuderi.

Corpo di ballo: Anna Di Dio, Giusy Di Libero, Antonio De Martino, Stella De Gennaro, Selene Garofano, Luana Rapuano, Simona e Sonia Carrozzo, Aisha Diaby, Rosa Maria Marotti, Giulia Gilardi, Lorenzo Ranauro.

Progetto e produzione a cura di Ben-Art Residenze Artistiche E.t.s. Benevento.